L’epilessia è una patologia per la quale di frequente non è nota la causa. Può manifestarsi come conseguenza di un danno a carico del sistema nervoso centrale, come un trauma cranico, neoplasie, infezioni, malattie neurologiche ereditarie. Nei differenti tipi di epilessia si assiste a scariche anomale da parte di alcune popolazioni neuronali che risiedono nella corteccia cerebrale.
Nelle forme più lievi l’attacco epilettico origina solitamente da una singola zona situata in uno dei due emisferi cerebrali, mentre nelle forme più severe sono coinvolte anche aree al di fuori della corteccia.
Nelle epilessie parziali la sintomatologia, che dipende dalla regione cerebrale interessata, può variare da disturbi motori a fenomeni sensitivi come intorpidimento, vegetativi, ad esempio vampate di calore con aumento della sudorazione, e psichici, con confusione e allucinazioni.
Nelle epilessie generalizzate possono verificarsi crisi convulsive. Ci si riferisce a questa condizione con l’espressione di grande male: il soggetto che ne soffre perde coscienza e diversi gruppi muscolari vanno incontro ad una contrazione simultanea.
Nelle forme epilettiche generalizzate non convulsive hanno luogo le cosiddette assenze e si parla di piccolo male, in cui l’individuo manifesta distaccamento dall’ambiente che lo circonda. Questa epilessia è tipica dell’infanzia e con la crescita tende a scomparire o ad evolvere verso forme più gravi.
Generalmente l’attacco convulsivo ha un inizio, una durata di secondi o pochi minuti e una fine. Nello stato epilettico l’attacco non si risolve in maniera spontanea e può avere conseguenze letali, per cui si rende necessario un intervento farmacologico d’urgenza.
I farmaci antiepilettici o anticonvulsivanti, che non curano l’origine della patologia ma sono tutti sintomatici, sono depressori del sistema nervoso centrale utilizzati per prevenire l’insorgenza dell’attacco epilettico o per fare cessare lo stato epilettico. In quest’ultimo caso si interviene direttamente per via endovenosa, mentre in prevenzione i farmaci vengono assunti per bocca.
I barbiturici erano utilizzati soprattutto in passato per prevenire le convulsioni; l’unico principio attivo appartenente a questa classe ancora in commercio è il fenobarbitale. È caratterizzato da una lunga durata d’azione, ma l’uso è accompagnato da un’importante sedazione e dal rischio di interazioni con altri farmaci. Le idantoine, tra cui si ricorda la fenitoina, condividono con i barbiturici l’indicazione terapeutica. I derivati succinimidici, in particolare l’etosuccimide, sono farmaci di elezione nel trattamento del piccolo male.
Per trattare alcune forme convulsive è impiegato il diazepam, una benzodiazepina, per via endovenosa o rettale. Altri farmaci benzodiazepinici utilizzati per controllare tutte le tipologie di epilessia sono clonazepam e clobazam. L’effetto anticonvulsivante della carbamazepina è stato scoperto per caso: inizialmente era assunta per contrastare la nevralgia del trigemino. Largamente impiegato è anche un suo derivato, chiamato oxcarbazepina.
L’acido valproico è di prima scelta nelle assenze. Agisce con diversi meccanismi e per questo trova impiego in molte forme di epilessia. Per i farmaci più recenti, quali levetiracetam, topiramato, lamotrigina, restano da chiarire i meccanismi con cui agiscono.
I farmaci anticonvulsivanti trovano applicazione pure nel trattamento o nella prevenzione di altre patologie neurologiche. Possono essere somministrati dopo interventi di neurochirurgia, nei tumori cerebrali, a seguito di ictus, nelle sindromi bipolari, nel dolore neuropatico, come nel caso di gabapentin e pregabalin.